Il piccione andava avanti e indietro sfiorando il soffitto della hall partenze dell’aeroporto dove si era deliberatamente introdotto.
La hall partenze gli ricordava l’emozione del suo primo volo e sapeva come quella gioia si rinnovava ogni volta che sorvolava il mondo sottostante.
Ma tutte quelle persone non gli sembravano veramente contente. Così provò ad abbassarsi un po’ per guardarle meglio.
Una signora alta e imponente indossava una lunga pelliccia e alle orecchie portava vistosi orecchini, al dito un grosso anello. Volo più volo meno, l’uccello provò a scorgere i suoi occhi dentro quell’involucro vistoso ma vi lesse solo tristezza.
Un giovane papà si trastullava con il figlioletto ma, poco dopo, lo riconsegnò alla mamma, tornando a guardare nel vuoto.
Due giovani, stretti nei jeans bucati, si baciavano mentre, in fila, aspettavano il loro turno. Ma nelle loro pupille non c’era felicità.
Un uomo d’affari stava seduto, tenendo la faccia ripiegata su uno strano aggeggio elettronico. Un altro teneva le gambe accavallate, mostrando bellissime scarpe lucide che si facevano notare più della sua faccia, triste e inespressiva come quella del suo compagno.
Ma dove caspita si trova la felicità per gli uomini? – pensava il piccione mentre usciva dalla hall.
Si appoggiò sulla grande ala di un aereo in partenza e, attraverso il finestrino, vide una bambina, di circa cinque o sei anni che, seduta tra i suoi genitori, guardava ora l’uno ora l’altro, immersi nella prigione dei propri pensieri. Si accesero i motori, il piccione dovette allontanarsi ma fece in tempo a scorgere il gesto della bambina che, afferrate la mano destra della mamma e quella sinistra del papà, le aveva ricongiunte tenendole strette nelle sue. I genitori sorrisero entrambi osservando la bimba che ora li guardava raggiante.
Questo bastò al nostro piccione per riprendere a sperare e continuare a cercare dove abita la felicità degli uomini.